Nel 2022 Facebook/Meta ha registrato il primo calo dei ricavi della sua storia: Il fatturato (dati dal sito Engage.it) è sceso nel secondo trimestre dell’1% a 28,82 miliardi di dollari, un risultato al di sotto delle attese degli analisti (28,92 miliardi), l’utile netto è diminuito del 36% a 6,7 miliardi e i ricavi pubblicitari sono stati pari a 28,152 miliardi, in diminuzione rispetto ai 28,580 miliardi del secondo trimestre del 2021. E anche le previsioni per il 2023 non sono ottimiste.
Come si è arrivati a questo punto? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo brevemente la storia di questa piattaforma.
Il 28 ottobre 2003 l'allora diciannovenne studente di Harvard Mark Zuckerberg rilasciò Facemash, un sito contenente le foto di tutti gli studenti del college e in cui chi vi aveva accesso poteva votare la sua preferita. Risultato: più di 450 visitatori e 22 000 foto visualizzate durante le prime quattro ore di visibilità.
Il 4 febbraio 2004 vide la luce TheFacebook, anche grazie all'aiuto di Andrew McCollum, che contribuì alla programmazione, a Eduardo Saverin, che ne curò gli aspetti aziendali, a Dustin Moskovitz e Chris Hughes per la sua promozione. Il sito era raggiungibile all'indirizzo thefacebook.com. Per la fine dell’anno molti dei principali poli universitari statunitensi e canadesi vi risultavano iscritti.
Tra aprile e agosto del 2005 (anche grazie al contributo di Sean Parker, ex Napster e Plaxo) venne registrato il dominio attuale, facebook.com.
Dal luglio 2007 figura nella classifica dei 10 siti più visitati al mondo ed è il sito numero uno negli Stati Uniti per foto visualizzabili, con oltre 60 milioni di immagini caricate settimanalmente.
Il traffico su Facebook è cresciuto a un ritmo sostenuto, fino a superare per una settimana, nel marzo 2010, il motore di ricerca Google per numero di visite negli Stati Uniti.
Nel tempo, inoltre, si aggiungono investitori sempre più importanti: già nel 2005 Peter Thiel di PayPal acquista il 10,2% delle quote societarie con un investimento di mezzo milione di dollari. Le quotazioni di Facebook, però, salgono in fretta e quando Microsoft decide di investire nel social network (ottobre 2007) 240 milioni di dollari ne rileva appena l'1,6%. Nel 2011 Goldman Sachs entra nel capitale di Facebook con 450 milioni di dollari, facendo crescere la valutazione totale del social network fino a 50 miliardi di dollari.
Non dimentichiamo, poi, le acquisizioni più importanti: nel 2009 FriendFeed, social aggregator di contenuti provenienti soprattutto da reti sociali, blog, tumblelog; nel 2010 Snaptu e Beluga, che permettono a Facebook di ottimizzare sia l'esperienza di utilizzo da mobile sia Facebook Messenger App.
Arrivano poi nel 2012 Instagram e, nel 2014, WhatsApp, i due colpi chiave dell’universo di quella che sarà poi Meta.
Nel 2012 ecco l’approdo a Wall Street, dove nella prima giornata di contrattazioni Facebook riesce a vendere azioni per 16 miliardi di dollari (il terzo di sempre nella storia statunitense), facendo salire la propria valutazione a 104 miliardi di dollari (valore più alto mai registrato per una new entry alla Borsa di New York).
Il 24 agosto 2015 Facebook raggiunge la cifra record di 1 miliardo di utenti attivi.
Negli anni successivi crescono le inserzioni pubblicitarie e l’integrazione tra le varie app, ma soprattutto si situa la parentesi dei visori Oculus Rift, acquisiti e mai sbocciati, ancora oggi oggetto misterioso (e col senno di poi, forse, la prima scelta poco lungimirante).
Quando, però, sono cominciati i veri problemi, quelli di cui abbiamo parlato all’inizio?
Oltre che la concorrenza di TikTok, la perdita di potere del dollaro e le incertezze economiche derivanti dallo scenario sociopolitico internazionale, hanno pesato, dal 2018 a oggi, le modifiche della privacy introdotte da Apple nonché le voci “scandali” (come quello relativo a Cambridge Analytica) e “multe e sanzioni”, le più recenti proprio nel 2022: la prima, da 210 milioni di euro, riguarda le violazioni delle norme dell’Unione Europea sulla privacy dei dati attraverso Facebook, la seconda da 180 milioni di euro riguarda le violazioni attraverso Instagram.
Il cambio di nome da Facebook a Meta risponde, quindi, sia a motivi pratici, dal momento che Facebook non è più il solo e principale social di proprietà di Zuckerberg & C., sia alla necessità di migliorare la percezione collettiva del brand e riabilitare un’immagine pubblica duramente colpita.
Il Metaverso, infine, è ancora, per gli investitori, più un “progetto” che una realtà concreta e perciò non presenta ai loro occhi sufficienti potenzialità di business.
Tutto questo sta suscitando a livello internazionale una profonda riflessione su quanto ancora effettivamente convenga investire in strategie di advertising online che passino per le piattaforme e i canali dell’ecosistema Meta e non piuttosto per società esterne ad esso.
Ma su quest’ultimo punto ci soffermeremo più a lungo, in futuro, con un approfondimento dedicato.