“Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”
Non sono solo le domande fondamentali dell’esistenza umana, ma anche, riadattate e riformulate, dell’esistenza del Content Marketing:
“PERCHÉ pubblicare contenuti? Perché CERTI contenuti e non ALTRI? A CHI sono rivolti esattamente?”
È presto detto: prodotti e servizi hanno a che fare con il marketing vero e proprio, mentre i contenuti servono a fornire al target di riferimento informazioni utili per risolvere particolari problemi, soddisfare curiosità, chiarire dubbi, fornire spunti. In questo modo, invece che VENDERE semplicemente, stiamo CONSIGLIANDO, fornendo possibili SOLUZIONI attraverso l’intrattenimento.
Il rapporto tra azienda e utente diviene così molto meno clientelare e molto più umano, fiduciario, quasi “confidenziale”e può far aumentare potenzialmente le conversioni in modo dolce e non eccessivamente diretto e aggressivo, oltre che accrescere la brand awareness dell’azienda e rafforzarne il posizionamento nel mercato.
Content marketing B2B vs B2C
C’è però, non bisogna dimenticarlo, una fondamentale differenza tra il Content Marketing B2B e quello B2C:
· Il primo si concentra più sulla lead generation, quindi sulla creazione di pochi contatti utili e realmente interessati ai servizi che l’azienda fornisce, soprattutto attraverso Linkedin e utilizzando un TOV piuttosto tecnico e formale;
· Il secondo mira più all’engagement, quindi all’ottenimento di condivisioni, like, commenti, con un TOV più emotivo, alla conversione e dunque a fare sì che l’utente compia determinate azioni come rispondere alle CTA, iscriversi a una newsletter, compilare un form etc;
Ok, ma concretamente come si fa una campagna di content marketing? E come funziona?
Concentrandoci sul B2B, la brand awareness è una fase fondamentale che deve andare di pari passo con quella di lead generation, dove nulla deve essere lasciato al caso ed è necessario stabilire piani editoriali precisi e dettagliati, per dare vita a campagne di content marketing mirate, soprattutto quando il brand è poco conosciuto e non dispone di grandi budget.
Perciò occorre assolutamente:
· Fissare gli obiettivi di business, e quindi solitamente di incremento di fatturato che si intende raggiungere;
· Definire non tanto i target, o comunque non da subito, quanto le buyer personas, ovvero modelli immaginari che rappresentano le caratteristiche generali del cliente-tipo di un’azienda, e di conseguenza definire scopi e contenuti del buyer’s journey;
· Definire i contenuti e i canali (il più performante in quanto a traffico generato risulta essere ancora Linkedin, ma diversificare l’advertising su diverse piattaforme segmentando il pubblico è la strategia migliore) per ogni singola fase del buyer’s journey stesso:
1. Nella prima, di awareness, l’utente va orientato e informato sui vari trend del momento attraverso report, articoli, infografiche, white paper;
2. Nella seconda, di consideration, lo si aiuta a individuare il proprio problema e le opzioni più adatte a risolverlo tramite webinar, podcast, video how-to;
3. Nella terza, quella di decision, l’acquirente, scelta l’opzione più gradita, viene indirizzato verso il fornitore migliore mostrandogli analisi di mercato, checklist, demo, case studies;
· Monitorare, raccogliere e analizzare i risultati concreti prodotti dalle campagne con i migliori strumenti e tool di marketing automation, tracking e analytics.
Vogliamo precisare, in ultimo, che il Content Marketing costituisce in realtà solo una piccola branca all’interno di un campo più vasto e complesso, che è quello del cosiddetto Inbound Marketing e delle sue strategie, ma ne parleremo in maniera più approfondita nelle prossime puntate. Non mancate!