“Tanto tempo fa, in un Metaverso lontano lontano…”
Potrebbe cominciare così, a mo’ di favola o di film, il racconto che un giorno faremo a chi, venuto dopo di noi, non avrà ancora conosciuto le meraviglie del Metaverso.
Un giorno, appunto. Perché, nonostante sia ormai una di quelle che più frequentemente leggiamo o sentiamo in giro, il Metaverso, al momento, sembra più una parola, un’idea, un progetto che non un dato di fatto: esiste, non esiste? Ci sono segni di vita sul pianeta?
Prima sono venute la Realtà Aumentata, dove si vivono situazioni quotidiane cui la tecnologia digitale sovrappone informazioni multimediali in grado di arricchirle e potenziarle, e quella Virtuale, che simula situazioni reali con l’ausilio di visori, cuffie, guanti per interagirvi.
Il Metaverso dovrebbe costituire il definitivo balzo evolutivo, ovvero un livello ulteriore in cui un numero illimitato di persone, in uno spazio virtuale comune, si incontra e svolge le più diverse attività pur continuando a trovarsi “coi piedi” nel mondo fisico.
Ecco: per ora, su quest’ultimo fronte, che cosa abbiamo?
Secondo gli esperti, tecnicamente si avrebbe un Metaverso in presenza di un “network interoperabile di mondi creati in 3D”, ovvero un ambiente determinato dalla interconnessione di più piattaforme 3D tra le quali è possibile spostarsi con relativa facilità.
Non tutte queste piattaforme però, sono in grado di esistere in una realtà virtuale e inoltre sono concepite per scopi molto differenti gli uni dagli altri, che si tratti di lavoro, socialità o video gaming, il che finisce per renderle inabili a comunicare e collaborare tra loro, e quindi anche a creare Metaversi stabili in tempi ragionevoli.
Al momento, poi, le aziende che dicono di voler investire in un qualsiasi Metaverso si limitano a servirsi, di volta in volta, di una singola piattaforma per occuparsi di un ambito di mercato ben preciso, e sembrano non avvertire il bisogno di esistere, muoversi e operare all’interno di una generale interconnessione per raggiungere più efficacemente i propri obiettivi di business.
Nulla di fatto, quindi? Non proprio: alcune startup e PMI sembrano realmente interessate all’argomento e qualcuna sta riportando notevoli risultati pratici, come le italiane Velvet Media e Coderblock.
Ciò suggerisce che, forse, nell’immediato, si possono nutrire speranze non tanto a livello macro quanto a livello micro: vi agiscono realtà, piccole o medie, indipendenti, giovani, specializzate in ambiti innovativi, che, incoraggiate dal potenziale abbattimento dei costi soprattutto logistici, sarebbero fortemente predisposte a investimenti corposi in tecnologie all’avanguardia.
Deve essere però un processo ponderato in termini di risorse umane e materiali, necessario ma graduale, non forzato: in questo modo quella che racconteremo ai nostri figli e nipoti non sarà fantascienza, ma Storia.