Una parola, ultimamente, è sulla bocca di tutti: Blockchain.

 

Tuttavia molte persone, forse la maggior parte, nemmeno sanno cosa sia. Vediamo di conoscerla meglio, allora.

 

Di per sé, si tratta di un concetto molto semplice: la Blockchain è un registro digitale i cui contenuti, una volta scritti, non sono più modificabili né eliminabili.

 

La sicurezza e l’incorruttibilità delle informazioni che contiene è garantita da processi di inserimento crittografati e dal decentramento del registro stesso, che lo rende sostanzialmente “di proprietà” di chiunque se ne serve.

 

In questo modo, non esiste un’unità centrale di controllo e verifica potenzialmente in grado di agire in maniera arbitraria e, essendo il networking “distribuito” a tutti gli utenti, i dati sono memorizzati lungo tutta la rete, senza singoli punti vulnerabili sfruttabili, per esempio, dagli hacker.

 

La Blockchain, nell’immaginario comune, ha a che fare con il mondo delle criptovalute e degli NFT, poiché serve ad accertare in maniera inconfutabile l’esclusiva proprietà e originalità di un bene o di un’opera d’arte digitale. Ma, appunto per le sue caratteristiche, può trovare applicazione anche in altri settori.

 

Per esempio, finora, a investire maggiormente nella protezione della propria produzione sono state quelle aziende che, in tal senso, hanno meno problemi, cioè le grandi. Sono in realtà proprio le piccole e medie imprese di filiera a dover faticare di più per difendere l’unicità, la storia e la tradizione dei propri prodotti.

 

Nell'economia italiana, per esempio, quelle della contraffazione e della pirateria sono piaghe ormai annose: secondo un report dell’OCSE, costano 25 miliardi di euro l’anno, l’equivalente del 3,2% circa delle vendite totali.

 

L’implementazione della blockchain permetterebbe l’accesso diretto di consumatori e clienti alle informazioni su produzione e origine dei materiali; l’apertura di negozi nel Metaverso attraverso la vendita di NFT e quindi la vendita di prodotti digitali accanto a quelli reali; l’aumento della finanziabilità delle PMI stesse, favorito dall’abbattimento di costi e tempi di gestione dovuto al digitale.

 

Soprattutto, consentirebbe a chi si occupa di prestiti digitali di visionare in tempo reale dati e numeri riguardanti un’azienda con la certezza che siano assolutamente reali e di effettuare, di conseguenza, valutazioni molto più ponderate sull’opportunità e l’entità del credito da erogare.

 

Possiamo perciò dire che la blockchain è, letteralmente, l’unica “catena” che, una volta adottata da un’azienda, da una filiera, da un ecosistema di realtà produttive, le “lega” a sé, ma solo per rendere loro più semplice “scatenare” tutto il proprio potenziale.