Una frase che avrete letto e riletto, probabilmente, fino alla nausea nei nostri precedenti articoli dice più o meno: “le cose apparentemente semplici e immediate sono in realtà le più difficili da capire, perché o le sottovalutiamo o le diamo per scontate”.
Memori di ciò, se nelle settimane scorse abbiamo affrontato macro-tematiche legate all’ambito Hi-Tech di carattere abbastanza generale, inauguriamo oggi una lunga serie di approfondimenti su altrettante piccole/grandi questioni inerenti al digitale, ma molto più specifiche, concrete e calate nella realtà di tutti i giorni.
Molto più urgenti, insomma: e che, dunque, in linea con il nostro ragionamento, rischieremmo più facilmente di perdere di vista.
Se venissimo chiamati a definire una brochure, sapremmo forse un po' tutti rispondere. Vagamente. Sì, perché è uno di quei termini che, nel linguaggio comune, tendiamo ad appioppare a più cose simili tra loro, ma che da vocabolario hanno un significato ben preciso e non intercambiabile.
Giusto per dare una sintesi rapida sullo strumento:
- con una o due pagine parliamo di flyer (di solito a scopo promozionale);
- tra le due e le 6 pagine, magari piegato, si parla di leaflet (promozionale/presentazione);
- Oltre le 8 sicuramente avremo la brochure(presentazione aziendale e/o di prodotto).
Quando poi il volume si espande e troviamo la presentazione di prodotti e servizi, abbiamo il “leggendario” catalogo, tanto amato e venerato dalle aziende di interior design (è un assoluto feticcio perché diventa lui stesso un pezzo di design con il quale bullizzare la concorrenza).
Veniamo a noi con tre caratteristiche di immediato impatto: zero costi di stampa, possibilità di correzione continua e velocità di invio. Potrebbe già bastare, no?
Voi direte: ma non basta dire al “grafico”che impagina la versione cartacea di preparare anche quella digitale? La risposta è NI.
Per realizzare una brochure digitale come si deve, le regole sono un po’ più complesse, soprattutto se si vogliono sfruttare appieno altre caratteristiche peculiari come i link, le azioni interne e l’integrazione di altri contenuti digitali come video, gallerie e immagini che possono permetterci di fruire dei contenuti in modo più completo.
Banalmente anche il formato deve essere in linea con i diversi device che si vogliono sfruttare; immaginatevi le proporzioni di una brochure ideata per la stampa, vista però dallo schermo di uno smartphone. Lo spazio sarebbe mal sfruttato e la grandezza dei caratteri non permetterebbe una lettura comoda e facile.
Altro aspetto interessante è quello che riguarda la parte più commerciale; questi strumenti possono infatti diventare veri e propri generatori di lead, sia inserendoli come parte integrante di un funnel di acquisizione o integrati all’interno di piattaforme dedicate proprio al digital publishing (come Issuu.com) che ne ampliano ulteriormente potenzialità e visibilità, rendendole disponibili a platee ben precise. Il più classico dei “Ti lascio la mia brochure se mi lasci un tuo contatto”; è più complesso di così, ma nemmeno troppo.
Quest’ultimo punto, come molti altri di questo articolo, potremo magari approfondirlo nelle prossime uscite.
Nella prossima puntata parleremo di esperienze prodotto interattive derivanti da un catalogo digitale.
Pronti a scoprire quanto possa essere profonda la tana del bianconiglio?
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