Come anticipato nel sottotitolo, si parla di storia vera e prendo questa ad esempio perché è quella che meglio racconta la questione; ce ne sarebbero però molte di più.
Serata tra amici, ordiniamoci delle pizze. App di delivery, selezione, pagamento e scopro che il mio account su “Nota Piattaforma di Pagamenti Digitali” (d’ora in poi NPPD) non accetta il solito processo agganciato al mio conto bancario.
Sono di fretta quindi inserisco la carta e risolvo, ma mi segno di verificare la questione il giorno successivo.
Apro e chiudo parentesi: ho sempre amato NPPD per la sua efficienza e sicurezza ed ho sempre apprezzato la facilità di aggancio diretto al conto che ti permette un monitoraggio dei flussi sempre aggiornato in tempo reale.
La mattina successiva chiamo l’assistenza: sembra essere stato un errore mio perché nel precedente pagamento era stato utilizzato un conto NPPD (non il mio conto bancario) che, essendo a saldo zero, è andato ovviamente in negativo bloccando quel sistema di pagamento.
Soluzione: agganciare una carta (già fatto) e ricaricare il saldo del conto. Funziona, ma il problema si ripresenta al pagamento successivo.
Stessa chiamata al customer care e soluzione alternativa: farsi ricaricare il conto da un’altra persona.
Chiedo ad un amico, il pagamento viene effettuato, il conto torna in positivo, ma nei giorni successivi torna in negativo e continuo a non capire il perché.
Alla quarta chiamata scopro che la mia banca ha cambiato il codice BIC e la piattaforma, non trovando più una corrispondenza, passa da conto NPPD prima e poi, trovandolo a secco, direttamente alla carta agganciata.
La soluzione si trova e non mi allungo troppo nel raccontarla; ciò che mi ha spinto a scrivere questo editoriale è però l’ultima domanda dell’operatore:“Posso spuntarlo quindi come problema risolto?”.
Lamia risposta è “No. Si risolverà nei prossimi giorni con tutta la procedura che ci siamo detti”. Una procedura che avrebbe comportato l’ennesimo bonifico da parte di un amico, al quale non posso giustamente puntare una pistola alla tempia per farlo in tempo reale.
L’operatore: “Io però devo segnare se il problema è stato risolto o no e le anticipo che, dovessi spuntare la seconda opzione (no), partiranno in automatico le procedure per il recupero crediti”.
Abbastanza esterrefatto, opto per la prima anche se non è tecnicamente corretta e anche se il problema non è stato generato da me, ma da un buco di comunicazione tra banca e piattaforma.
Arrivo al dunque: possibile che l’articolazione di queste possibilità arrivi così tanto nel profondo, da essere completamente staccata dalla realtà dei fatti e dalle effettive situazioni?
La percezione è che gli obiettivi si stiano spostando dal garantire effettivamente un servizio ad esigenze di controllo numerico e tracking di determinati processi, in modo che risolvano problemi interni più che quelli dei propri clienti.
Mail digitale non doveva effettivamente essere un potenziamento e un aiuto alle attività umane?
Non vorrei dilungarmi eccessivamente nella polemica perché, forzandola, rischio di sorvolare pericolosamente il boomerismo, ma da progettista del digitale (di prodotti ben più semplici) la prima domanda che mi pongo è: come questo progetto può migliorare o risolvere i problemi del committente e del suo target? Quando abbiamo smesso di ragionare mettendo al centro l’essere umano e le sue esigenze?
Questa volta l’articolo non si chiude, ma resta aperto a ragionamenti.