Articolo molto più didattico rispetto al solito perché, dopo tanto parlare di posizionamento, branding e possibilità di restyling vari, è giusto far comprendere la complessità di un progetto e come si sia evoluta negli ultimi anni.

Sia chiaro, non sto annunciando la rivoluzione copernicana, ma provando a dare un nome, una consistenza ed una maggiore consapevolezza su un modo di approcciare il branding che agenzie come la nostra portano avanti da anni.

 

 

“Mi fai un logo?”

 

Molte più possibilità si trascinano molta più complessità; questa è la sintesi di quello che è successo negli ultimi 15 anni con il moltiplicarsi dei canali di comunicazione e delle possibilità aperte dal mondo digitale.

E vuoi non provare a sfruttarle tutte? In linea di massima non è una filosofia che condivido sempre e comunque, ma il dato di fatto è che gli effetti di questa situazione sulla gestione dell’identità di un brand sono paragonabili all’effetto sabbia in mano: più ne vuoi e più ne sfugge.

 

Il “fare un logo” non è più sufficiente, ammesso e concesso che lo sia stato anche in passato.

Forme, spazi e contenitori sempre più numerosi e sempre differenti, con linguaggi e target spesso diversi tra loro obbligano a ragionare sull’identità in modo più ampio e complesso per arrivare a soluzioni che permettano una percezione rapida, semplice e univoca dell’azienda, del prodotto o del servizio con tutti i valori annessi e connessi.

Vale per tutti perché l’altra grande novità delle piattaforme è che aprono a chiunque possibilità illimitate di esposizione sul mondo. Che voi siate un’azienda, in prima persona oppure in quanto “parte di”, tutto questo va gestito in qualche modo e va fatto bene, con regole precise che aiutino tanto le figure interne ad applicarle quanto l’utente nel percepirle.

 

Questo è, in sostanza, il branding.

 

 

Architettura di brand

 

A complicare ulteriormente la situazione progettuale è subentrata anche l’estrema facilità con la quale nascono ormai nuove aziende, spin off di aziende, servizi di aziende, divisioni di aziende, format di aziende, academy di aziende, tutte e tutti destinati ad avere una propria identità che deve tenere conto anche di quella della loro “generatrice”.

Spesso non si sa bene dove collocarli all’interno dell’ecosistema nel quale andrebbero inseriti e con il quale dovrebbero dialogare, ma la struttura va fatta quadrare anche e soprattutto attraverso la definizione di una corretta architettura di brand, che influenzerà (in modo funzionalmente positivo) il processo di definizione dell’identità.

 

Questo è un passaggio molto sottovalutato e molto dispendioso in termini di tempo perché necessita di ottime capacità di analisi e di un’estrema chiarezza in termini di obiettivi da parte del cliente (l’obiettivo è…quindi, tenendo conto di, ci si dovrà comportare così…).

 

Arrivare al dunque in questa fase significa costruire fondamenta solide per il progetto.

 

 

La forza del sistema

 

L’obiettivo è dare forma ad un linguaggio e non semplicemente ad uno stile. Lo chiamiamo Brand Design System ed è un insieme di regole e linee guida che aiutano a mantenere coerenza e continuità all’interno di un ecosistema, digitale e fisico, migliorando le performance produttive e fornendo all’utente una brand experience familiare e adattiva su tutte le piattaforme.

 

Si basa su obiettivi e posizionamento e raccoglie valori, stili, guide per gestire la user interface ed i contenuti, ma anche design toolkit e developer toolkit utili a chiunque (di competenza) prenda le redini della situazione o del brand managing, per continuare (o correggere) in coerenza la comunicazione aziendale.

 

Tre i benefici principali, parzialmente anticipati in precedenza:

 

Aumentare la coerenza e la consistenza del brand: per aumentare la familiarità e la fiducia è fondamentale che l’utente riconosca immediatamente il prodotto o il servizio su qualsiasi piattaforma acceda e in qualunque contesto fisico. Se ben strutturata è in grado di essere efficace senza nemmeno l’utilizzo del santissimo e inviolabile logo (qui un esempio spiegato dal buon Federico Buffa > https://www.youtube.com/watch?v=gbJufNfVDrE).

 

Maggiore chiarezza e semplicità per l’utente: utilizzare pattern comuni di navigazione, sincronizzati in tutta la Digital Brand Experience, facilita l’utente a orientarsi e a familiarizzare più velocemente con il sito o l’applicazione, anche nel caso di passaggio tra diversi device.

 

Miglior efficienza e condivisione con gli stakeholder: lavorare su un set di pattern condivisi aiuta l’allineamento dei collaboratori e il focus degli attori coinvolti nel progetto. Inoltre, avere un repository di componenti da poter riutilizzare aumenta l’efficienza, evitando di perdere tempo per continue elaborazioni grafiche e guadagnando spazio per lo sviluppo di nuovi progetti sul brand.

 

Uno strumento articolato, fondamentale proprio perché, nella sua complessità, facilita la gestione di tutte le dinamiche di presenza del brand e che si deve adattare alla sua evoluzione.